Limitarsi consapevolmente per un bene maggiore non significa indietreggiare sul sentiero, vuol dire usare il metodo del fuoco che forgia anche la materia.
Per lo spirito in divenire assumere forma vuol dire soddisfare la sete di esperienza e passare dalle trasparenze che lo rivestono nei luoghi sublimi alla pesante coltre della materia densa in cui si immerge per imparare la vita anche là dove la necessità prevale su ogni altra possibile strada evolutiva.
Rinchiudersi all’interno di un corpo pur conoscendo la libertà delle ampiezze celesti è come morire, non certo perché la vita così si esaurisca, ma per il fatto che inizia un nuovo periodo di apprendimento in una dimensione faticosa dove il “sudore della fronte” segna ogni conquista.
Per consentire un nuovo sviluppo lo spirito rinuncia alla sua grandezza e si relaziona con una moltitudine di esperienze sul piano fisico: per poterlo fare ha bisogno di richiamare in una forma coesa tante piccole vite, quante sono quelle che animano gli atomi e le cellule di tutto il nostro corpo, anzi di tutti i nostri corpi.
L’eterno Pellegrino sacrifica se stesso e contemporaneamente offre a queste piccole vite l’occasione di evolvere a stretto contatto con una vita e una luce più grandi. Compiuta l’esperienza necessaria sacrificherà anche la forma perché la vita possa progredire ancora.
Beh, se questo è il senso dell’azione spirituale, possiamo anche dedurne la via da seguire nel nostro lungo viaggio alla ricerca di un bene maggiore, alla ricerca di una via d’uscita dalle ombre della nostra esistenza e alla ricerca di condizioni migliori per tutti. Certamente non è il metodo più in voga quello dell’abnegazione come offerta di sé in vista di uno sviluppo condiviso. Eppure è la via maestra per irrigare i campi aridi della coscienza.
Non è facile accettare di condividere situazioni penose per noi, ma benefiche e risolutive per altri. Tuttavia è proprio lo sforzo di una disciplina autoimposta, è la fatica di farsi grembo per offrire ad altri l’occasione di crescere che accende in noi il fuoco del sacrificio, della comunione.
Limitarsi consapevolmente non significa indietreggiare sul sentiero, rinunciare un po’ a se stessi non significa compiere un’azione disperata, vuol dire semplicemente usare il metodo del fuoco, dello “splendore incandescente” che forgia anche la materia più plumbea.
Il sacrificio perfetto è quello di Cristo sulla Croce: la Sua vita per amore di tutta l’Umanità. È una meta lontana e difficile da raggiungere ma passando da una rinuncia all’altra per un bene maggiore, avanzeremo anche noi lungo il Sentiero finché non avremo conseguito la piena libertà, la liberazione finale, imparando un amore sempre più grande. Mentre abbandoniamo la presa delle emozioni e la tirannia della mente, si fa sentire sempre più forte la volontà di servire in un ambito sempre più ampio.
Per meglio approfondire questo e altri argomenti vi rimando alla sezione Psicologia dello Yoga del Portale della consapevolezza Yoga, Vita e Salute https://www.yogavitaesalute.it/
Giovanna Spinelli