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Lo scudo per l’altro, il proteggersi l’un l’altro, mi è sovvenuto quando, ad un certo punto, di fronte a me ho visto due podisti che si tenevano per mano.

Qualche giorno fa ho partecipato ad una corsa podistica non competitiva organizzata all’interno della festa organizzata dalla Misericordia di Sesto Fiorentino. Vista la mia scarsa condizione fisica non è che fossi del tutto convinto di parteciparvi, ma c’era qualcosa che mi spingeva a farlo. Vuoi per la voglia di condividere con altri la bella sensazione del correre. Vuoi per il desiderio di ripercorrere le strade di un tempo, dato che la gara si è snodata lungo delle vie a me molto care impresse indelebilmente nel mio animo.

Così mi sono presentato al via poco prima della partenza e subito ho notato che gli iscritti esprimevano una certa baldanza, necessaria per un appuntamento sportivo, ma non farcita da quel fanatismo che a volte rende ridicoli questi ritrovi.

Tra loro ha attirato la mia attenzione uno in particolare. Questo tipo decisamente smilzo e dal pizzetto pronunciato, circa una anno fa lo avevo incontrato in un’altra corsa podistica mentre correva insieme ad una capra. Questa volta l’ovino non c’era e la sua assenza era dovuta a motivi fisici. Questa notizia me l’ha riportata Fabrizio, compagno di squadra nelle giovanili calcistiche dell’US Sesto, incontrato nel dopo gara mentre aspettavo l’arrivo di una pizza fumante gentilmente offerta agli iscritti alla gara.

Mentre mi accingevo a compiere gli esercizi rituali di allungamento, visto che tutti erano impegnati in corse di lungo raggio attorno al luogo della partenza, ho pensato: meglio che mi muova il meno possibile, così da preservare tutte le energie possibili per riuscire ad arrivare al traguardo. In quei momenti di lieve incertezza mi ha raggiunto la mia compagna e con la sua benedizione mi sono messo in fondo al gruppo pronto a cedere le prime file a mercuriali atleti con ambizioni di velocità più fondate delle mie.

Ho iniziato con passo lento, pronto a saggiare le sensazioni che mi rimandava il corpo per riuscire a calibrare un’andatura che mi permettesse di arrivare almeno a metà percorso ancora pieno di energie. Così è stato e lungo i saliscendi delle belle colline sestesi e al cospetto del custode della piana fiorentina, Monte Morello, mi sono goduto dei begli sguardi nonostante una urbanizzazione del menga.

Gli scempi architettonici realizzati negli anni con la compiacenza delle amministrazioni comunali hanno deturpato dei luoghi abitati sin dai tempi degli etruschi senza che i nuovi occupanti ne ricevessero in cambio quel miglioramento di condizione reso possibile dal progresso scientifico. Ritorniamo alla cronaca della corsa. Quando iniziavo a convincermi che sarei stato in grado di portare a termine la mia missione è successo qualcosa di bello.

Nella mia testa stavano ruotando dei pensieri intorno alla parola protezione e ad un certo punto di fronte a me ho visto due podisti che si tenevano per mano. Quando li ho superati mi sono accorto che si trattava di un non vedente e un accompagnatore protesi in uno sforzo comune ed uniti dalla semplicità di stare insieme che rendeva magico il loro incedere nonostante la forza di gravità volesse dire la sua. Le loro gesta mi hanno accarezzato, riscaldandomi, con tocco fulmineo e deciso.

Nella storia dell’umanità abbiamo testimonianza di tanti atti eroici compiuti da persone che si sono sacrificate per altri. Come non ricordare i partigiani e tutte quelle persone che hanno combattuto per la dignità e la libertà. Nell’antichità vi era una città stato, Sparta, che si fondava sul senso di appartenenza e sul concetto di uguaglianza.

Anche se ci sarebbe molto da dire sullo stato sociale spartano dato che la ricchezza degli “uguali”, termine con cui si chiamavano tra loro i figli di Sparta, proveniva dalle terre coltivate dagli schiavi. La società spartana aveva concepito un tipo di schieramento militare di grande efficacia. L’assetto della falange era tale per cui ogni guerriero con il suo scudo proteggeva il compagno di lato e la vita di ognuno dipendeva da chi stava accanto.

Spesso la pratica dello yoga viene concepita come un miglioramento personale, una sorta di autoevoluzione consapevole. Mentre i Maestri ci insegnano che lo scopo dello yoga è lo sviluppo della coscienza del genere umano nel suo insieme e che ciò passa dalla necessità di conoscersi essendo una condizione sine qua non riconosciuta da tutte le tradizioni.

Comunque è innegabile che le gesta dei grandi esseri ci rimandano al valore della compassione. Ama l’altro come te stesso leggiamo nel vangelo. Come può un aspirante allo yoga sottrarsi a questo insegnamento? Certo dovremo calpestare ancora molta terra, cioè dovremo necessariamente seguire i bisogni indotti dall’io prima di capire il vero significato dell’insegnamento Cristico.

Comunque anche prima di raggiungere l’unione con noi stessi avremo diverse opportunità per meravigliarci della bellezza della vita E’ una strada che dovrà essere percorsa, dovrà essere conosciuta in tutte le sue opportunità. Patanjali a questo proposito ci insegna che l’illuminazione della coscienza si può compiere in modo veloce, medio o lento.

Un Maestro che ho la fortuna di ascoltare consiglia la prima possibilità … ma ritorniamo alla corsa podistica perché magari volete sapere come è finita! L’ultimo chilometro che mi separava dall’arrivo è stato caratterizzato da alcuni superamenti con un altro podista. Un centinaio di metri prima del traguardo ci siamo affiancati e siamo arrivati in questa posizione fino sotto al traguardo. Devo dire che è stato piacevole arrivare insieme ad un altro.

Per meglio approfondire questo e altri argomenti vi rimando alla sezione articoli del Portale della consapevolezza Yoga, Vita e Salute https://www.yogavitaesalute.it/blog/

Luca Tomberli