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Pur vivendo in un contesto virtualmente saturo di relazioni sociali, siamo comunicativamente disabili La malattia che devasta i nostri rapporti ha un nome, si chiama “incapacità di comunicare”. Non riusciamo a comunicare, non sappiamo comunicare, non comunichiamo.

Non credo di sbagliare troppo se affermo che pur vivendo in un contesto virtualmente saturo di relazioni sociali, siamo comunicativamente disabili. La malattia che devasta i nostri rapporti ha un nome, si chiama “incapacità di comunicare. Non riusciamo a comunicare, non sappiamo comunicare, non comunichiamo.

E’ difficile stabilire un rapporto vero che al di là dello scontro o del confronto verbale accolga l’altro con tutti i suoi contrasti e le sue diversità, offrendo il tesoro di una comprensione senza pregiudizi, capace di ammorbidire gli spigoli piuttosto che sollecitare i pungiglioni.

Il senso di minaccia che ricaviamo spesso da un rapporto speculare (perché ci intimorisce e ci irrita scorgere nell’altro ciò che ignoriamo di noi stessi) ci rende facilmente aggressivi se non addirittura violenti. La lingua non ha l’osso ma spezza l’osso, l’equilibrio di una comunicazione innocua e costruttiva viene così malamente compromesso e noi ci chiudiamo alla possibilità di una sana interazione reciproca.

Quante volte le parole pronunciate vengono deformate e private del loro senso originario dalla percezione nostra o dei nostri interlocutori!! Filtri invisibili ma estremamente potenti cambiano la direzione, la qualità e il peso delle correnti di forza che sostengono il nostro dire. E invece di comunicare, scomunichiamo. Invece di lenire, feriamo. Invece di coltivare la ricchezza del cuore, preferiamo la miseria di un linguaggio offensivo, superficiale, sterile. Invece di un linguaggio unificante, spezziamo continuamente il filo del discorso. Invece di pochi, chiari concetti, ci piace confondere con giri di parole inutili, in grado solo di annebbiare la verità.

Lo so che non si può comunicare ciò che non si è, nel senso che quello che siamo, e non altro, accompagna sempre quello che diciamo. E so che insieme alle parole dette scagliamo verso l’altro anche la forza di pensieri contundenti, non chiaramente espressi, ma non per questo meno tangibili e lesivi.

Accade così che quando cerchiamo di comunicare la nostra grandezza trasmettiamo solo la nostra piccineria, mentre le bocche si spalancano per vomitare il veleno depositato all’interno. E anche quando siamo forzatamente silenziosi assordiamo gli altri con la nostra presenza.

Come si conquista l’abilità comunicativa? Sicuramente sbagliando molte volte fino a trovare una via diretta che colleghi le parole al cuore.

Che il nostro animo si scuota e il nostro cuore si intenerisca ho appena letto in una pagina dedicata a San Massimiliano Kolbe, protettore dei giornalisti e della comunicazione in generale.

A essere abili comunicativamente forse si impara mettendo a tacere il nostro chiacchiericcio interiore e dando maggiormente forza al nostro potere di cambiare e di riconoscere in ognuno la voce della Vita che si serve di tutti per parlare di Sé.

Per meglio approfondire questo e altri argomenti vi rimando alla sezione Psicologia dello Yoga del Portale della consapevolezza Yoga, Vita e Salute https://www.yogavitaesalute.it/

Giovanna Spinelli