Questa particolare tecnica ascetica chiamata meditazione Vipassana è stata “creata” da una divinità terrestre: il Buddha. Si stima che abbia 2500 anni ed è una delle poche tradizioni rimaste originali, in quanto tramandate mediante memoria orale e insegnamenti diretti da maestro ad allievo. Chi pensa che ci sia dietro qualche dogma religioso, o che sia una di quelle pratiche olistiche da placebo, è decisamente fuori strada. La meditazione Vipassana ha il beneficio di ridurre la sofferenza e l’ignoranza che aleggia intorno ad ogni persona, pronte ad insidiare la mente e a far stare male.
Caratteristica principale di questa pratica è il confronto diretto tra bisogni reali e conflitti: così facendo si purifica la mente e si affinano le bone qualità che noi tutti possediamo. Non per nulla, questa fase è chiamata Mente Pura. Si inizia concentrandosi e si finisce per osservare i propri progressi, sia sul piano fisico, ma anche dal punto di vista mentale, osservando anche i vari mutamenti che la vita ci costringe a vivere.
La tecnica meditativa Vipassana si distingue dalle altre meditazioni soprattutto per la particolarità dei suoi ritiri. Gli adepti devono osservare un periodo di tempo in ritiro per poter entrare nell’ottica Vipassana.
Si inizia con tre giorni di osservazione e comprensione delle proprie sensazioni mentre si espira ed inspira, imparando a focalizzarsi sull’Anapanasati, ossia quando l’aria tocca le narici passando per esse. Nei sette giorni successivi, il grado di concentrazione meditativa è a un livello tale che si può approfondire il concetto di corpo-mente come fusione. Si svilupperà la vera e propria filosofia Vipassana, comprendendo maggiormente e profondamene la realtà che ci circonda. Ovviamente, dieci giorni sono il tempo standard considerato accettabile per iniziare uan concentrazione tale da comprendere la tecnica e le sue proprietà rigenerative, anche se le tempistiche variano soggettivamente.
Se ci pensiamo un attimo è molto difficoltoso allontanare sofferenza e problemi esterni per concentrarsi solo sui bisogni reali del soggetto, è d’obbligo allontanarsi dal mondo isolandosi da tutto e da tutti. In realtà, non si è isolati del tutto, in quanto come ogni normale ritiro si pratica la meditazione in gruppo, con un maestro qualificato pronto ad intervenire in caso di emergenza e qualora lo ritenesse opportuno, in quanto sarebbe l’unico autorizzato a farlo secondo la legge dei Cinque Precetti.
I CINQUE PRECETTI DELLA MEDITAZIONE VIPASSANA
La tecnica meditativa Vipassana non avrebbe senso di esistere senza delle regole abbastanza ferree. Qualcuno può obiettare sul fatto che è come se fosse una religione, visto che più che regole sembrano veri e proprio comandamenti. Non è del tutto esatto: sono dei precetti fondamentali per sviluppare in piena le potenzialità della meditazione. Si può tranquillamente affermare che senza queste semplici regole, questa particolare tecnica ascetica non avrebbe motivo di esistere. Gli adepti devono sviluppare concentrazione e consapevolezza non solo durante i vari ritiri, bensì anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni. Basta poco per rovinarsi la giornata o entrare in conflitto con altri o con noi stessi, ed è lì che la tecnica ascetica Vipassana interviene in maniera molto efficace.
La prima regola Vipassana è quella di astenersi dall’uccidere o danneggiare altri esseri viventi, uan sorta di non uccidere ma anche un non disturbare. Prima si è detto che solo il maestro può intervenire in caso di seduta Vipassana e non certo per chiacchierare, bensì per correggere un comportamento o postura sbagliati. Un allievo ha il divieto assoluto di parlare e di comportarsi in maniera poco consona alla filosofia Vipassana.
La seconda regola sostiene di non prendere ciò che non è stato dato, cioè l’invito a non rubare e a non essere avidi nella vita, mentre la terza richiama il concetto di non ferire con la lingua: offese, il parlare a sproposito e mentire agli altri sono comportamenti che possono confondere la realtà e portare lontano dal pensiero Vipassano.
Il quarto precetto è controverso: astenersi dal sesso. Non perché i vipassani devono mantenersi casti, ma per non disperdere energia che porta, in questo caso, a un turbamento e alla perdita di concentrazione e degli obiettivi. Questo precetto è nato per il ritiro Vipassano, perché passarlo tra le lenzuola invece che in meditazione è solo dispendio di energia. Collegato a questo, la quinta regola sostiene di non assumere sostanze tossiche quali droghe o farmaci non necessari, per non sbilanciare l’equilibrio corpo-mente.